Due facce della stessa medaglia
 
Prima parte

BRRRR… CHE PAURA:

La paura per me è come un buco nero e buio

Dove ci cadi dentro

E non riesci più ad uscirne

E rimani lì, da solo

Senza che nessuno ti regali un sorriso.

Alessio


 

A partire da un’esperienza formativa di circa due anni fa rivolta ad un gruppo di genitori ed insegnanti dal titolo “Cosa fare con i bambini di fronte alle paure?” è cresciuto nel tempo il mio interesse sia a livello professionale sia personale al tema dell’ascolto delle paure dei bambini.

Nello specifico, vorrei descrivere un’ intervento formativo di laboratorio sulle paure che è stato rivolto ai bambini delle scuole elementari, più precisamente a due classi di quarta elementare di circa venti alunni ciascuna.

L’obiettivo specifico di questo laboratorio è stato quello di sviluppare e stimolare all’interno dei due gruppi classe la matrice teorica dello psicologo americano Daniel Goleman[1]: i principi dell’intelligenza emotiva.

Per intelligenza emotiva s’intende la capacità dei bambini e di noi adulti di riconoscere e mettere in parola le emozioni momento per momento in cui si provano all’interno di una relazione affettiva, la capacità di saper controllare i propri sentimenti senza reprimerli e senza neppure farsene travolgere e la capacità di saper percepire le emozioni degli altri, riuscendo ad essere sensibili ed empatici; in sintesi la capacità di saper leggere, identificare e nominare il proprio mondo emotivo.

Questo laboratorio sulle paure si è articolato in un incontro iniziale nel mese di dicembre con il gruppo genitori ed insegnanti in cui sono stati presentati gli obiettivi e la metodologia dell’intervento, seguito poi da tre incontri di due ore ciascuno con cadenza settimanale all’interno dei due gruppi classe sul tema specifico “dell’ascolto delle paure dei bambini” con la costante presenza in classe dell’insegnante stesso.

Infine c’è stato un incontro finale di restituzione del lavoro svolto nelle classi rivolto ai genitori e agli insegnanti degli alunni coinvolti nel laboratorio.

Gli obiettivi formativi che hanno orientato l’intervento all’interno di questi laboratori sono stati:

 

·        Insegnare ai bambini a mettere in parola le loro paure. Se i bambini riescono ad attribuire un nome alle loro emozioni di paura riusciranno a padroneggiarle in modo attivo, a gestirle più consapevolmente senza reprimerle o farsene travolgere.

·        Aiutare i bambini a sviluppare l’autoconsapevolezza, ovvero la capacità di riconoscere, rispettare e di gestire le proprie emozioni; di promuovere la motivazione soggettiva a raggiungere obiettivi di apprendimento.

·        Il riconoscimento e la legittimizzazione delle paure dei bambini

·        La rivalutazione dei vissuti emotivi di paura degli alunni e del mondo adulto.

·        La condivisione emotiva delle paure dei bambini all’interno di un contesto di gruppo empatico

·        Facilitare la comunicazione delle paure all’interno del contesto classe

·        Favorire una maggiore comunicazione rispettosa delle emozioni nella relazione insegnante-allievo e nel gruppo classe

·        Un miglioramento del clima relazionale ed emotivo fra alunni

·       Migliorare l’empatia, cioè favorire nei bambini l’ascolto e la comprensione dei sentimenti altrui e far crescere la capacità di stare con gli altri, di capirli e di affrontare i problemi di relazione.

 

Al primo incontro del laboratorio ho proposto ai gruppi classe il gioco delle metafore, che è un’attivazione emotiva di riscaldamento per facilitare la conoscenza reciproca che consiste nell’invitare i bambini ad associare un’immagine spontanea ed immediata all’emozione di paura.

 

“Per me la paura è come…”:

 

…. Un fulmine che viene di colpo

…il colore nero

…il buio di notte

…un labirinto

… un buco nero…

…un terremoto che arriva all’improvviso

…una tromba d’aria che ti risucchia

… è come un gigante cattivo…

…un fantasma con le catene che ammazza le persone

… un mare in burrasca

…un ragno che mi va in bocca

…un posto tutto freddo che mi fa venire la pelle d’oca

…una biscia gelatinosa che mi sale su…

…il ghiaccio che gela tutto…

…come un’onda che mi travolge…

… come il diavolo, che è cattivo!

…un gigante che mi schiaccia

… è come un animale feroce: un leone che ti può mangiare

… è come uno squalo che ti mangia e non ti fa più uscire…

… è come una tigre che poi però si calma

…è come la guerra che poi passa e torna la pace…

… è come il colore rosso perché mi ricorda il sangue…
 

Queste metafore circolate nei gruppi classe, che ho percepito come molto autentiche, mi hanno permesso di trasmettere ai partecipanti il messaggio che la paura è prima di tutto un sentimento, come la rabbia, l’ira, la gioia o il dolore che proviamo nella vita di tutti i giorni.

Damasio, famoso neuropsichiatra, nel suo celebre testo “Emozione, ragionamento e cervello” afferma: “la paura è un’emozione fondamentale, primaria, di base che tutti gli esseri umani provano, è un’emozione transculturale universalmente riconosciuta da tutti i popoli del mondo”.

Particolarmente significativo è stato far emergere all’interno del contesto classe l’importanza dell’accettazione della paura come un sentimento positivo, sano, legittimo, indiscutibile, utile e funzionale per la crescita e lo sviluppo del bambino.

Che cos’è quindi la paura? La paura è un campanello d’allarme interno che ci segnala la presenza di un pericolo o di una minaccia nel mondo esterno.

Avere un po’ di paura è quindi, del tutto normale e necessario, soprattutto per i bambini, poiché li aiuta a rispondere in maniera corretta ai vari pericoli che possono incontrare nella vita di tutti i giorni.

Occorre dunque superare una rappresentazione totalmente negativa della paura: il sentimento della paura salvaguardia la sopravvivenza umana e contribuisce allo sviluppo umano e alla crescita personale; infatti, ogni volta che un bambino supera la propria paura può andare verso qualcosa di nuovo o di sconosciuto raggiungendo un progresso personale.

La paura quindi è un vissuto emotivo naturale che deve essere vissuto ed utilizzato dai bambini e dagli educatori attorno a loro.

 

 

...... fine prima parte....

 

[1] D. Goleman, L’intelligenza emotiva, ed. Feltrinelli, Milano 2000



29 febbraio 2007

di Barbara MARTINO

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